Un gruppo di studenti della classe 5^ A Rim dell’Isis Cecilia Deganutti di Udine ha partecipato al Viaggio della Memoria, organizzato come ogni anno dall’Aned per non dimenticare l’orrore dei campi di concentramento

Accompagnati dal professor Rodolfo Basaldella, insieme ai coetanei di altri istituti scolastici friulani, i nostri studenti che hanno scelto di aderire a questa opportunità formativa, hanno cominciato il viaggio il 9 maggio, con la visita al monumento di commemorazione delle vittime del nazismo, eretto laddove sorgeva il campo di concentramento di Ebensee. Nella giornata di sabato 10 maggio, gli studenti hanno visitato al mattino il Castello di Artheim, noto per essere stato uno dei campi di sterminio della terribile Aktion T4, mentre nel pomeriggio si sono spostati nel campo di concentramento di Mauthausen e hanno percorso la famigerata Scala della Morte. Alloggiati nella cittadina di Linz, in Alta Austria, sabato sera gli studenti si sono ritrovati con i coetanei delle altre scuole per esprimere le proprie riflessioni, suscitate da questo viaggio. A parlare per il Deganutti è stato lo studente Andrea Nguh, che ha effettuato una riflessione molto profonda che potrete leggere in calce all’articolo.

La tre giorni si è conclusa domenica mattina con la partecipazione alla commemorazione dell’80esimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Mauthausen, alla presenza di migliaia di persone e di molte autorità, tra cui il re di Spagna Felipe VI, presente con la consorte Letizia.

Gli studenti sono rientrati a Udine con un bagaglio di conoscenze e sensibilità notevolmente arricchito.

Questa la riflessione di Andrea Nguh, classe 5^A RIM:

“Da piccolo avevo paura di due cose: dell’Isis e dei nazisti. I telegiornali parlavano di entrambi, documentando una crudeltà che mi sembrava disumana, irreale, impossibile. Ricordo che nell’avvicinarsi della Giornata della Memoria o dopo i telegiornali non riuscivo più a dormire, che avevo incubi tratti dai fatti di cronaca di cui ero venuto a conoscenza.
Mi terrorizza scorgere un panorama mozzafiato in una bella giornata soleggiata di maggio indossando la mia t-shirt preferita e pensare “qualcuno anni fa si è ritrovato nella mie stesse esatte condizioni, ha guardato questo bellissimo paesaggio e ci ha costruito sopra Mauthausen. Qualcuno si è goduto la vita così intensamente per poi essere improvvisamente privato di ogni diritto e libertà”.
Allo stesso tempo, l’angoscia che tempo fa provavo verso questi argomenti ha lasciato spazio ad un silenzio riverente e commemorativo. Quella strana sensazione che provavo solo a sfiorare l’idea di vistare un campo di concentramento o di sterminio semplicemente non si è manifestata. Ho percepito ogni singolo uomo e donna celato dietro i numeri e i nomi a cui sempre e giustamente si fa riferimento con rispetto. Ho sentito la vita di tutte quelle persone, che hanno tirato avanti giorno per giorno, che sono uscite o rimaste lì per sempre, che questo mondo crudele ha dovuto rendere cavie di tutte le malate teorie eugenetiche dell’epoca.
E il campo brulicava di turisti, anche dentro quelle camere a gas e forni crematori con cui i nazisti tanto speravano di sconfiggere le “razze inferiori”.
Invece sono stati sconfitti loro, ed una delle loro armi più brutali oggi è ricoperta di bandiere di tutto il mondo, di monumenti ai caduti, di commemorazioni, di motti…
Anche classi come la mia, formate da ragazzi provenienti da tutto il mondo, dimostrano che le ideologie razziste del secolo scorso hanno perso, che l’Europa è maturata e che qualche estremista che cerca di tenere in vita questi ideali tossici è in netta minoranza.
Allo stesso tempo, la memoria dell’Olocausto e la visita per la prima volta ad un vero campo di concentramento, ci spingono a continuare a farci domande, come detto dall’assessore Dazzan questo pomeriggio. Ci costringono a non poter ignorare i crimini di guerra perpetrati ancora oggi in tutto il mondo, a chiederci quanti diritti vengono violati e quante vite si spengono ogni giorno in silenzio. Quanti concetti stiamo ignorando, sottovalutando e lasciando alle generazioni future il compito di approfondire. Ma soprattutto, ci obbligano a non dimenticare mai ciò che è stato, nel rispetto di tutte le vittime che ha mietuto e nella prevenzione di ciò che potrebbe essere.
Perché tutta questa apertura mentale, libertà, memoria ed umanità provengono dal sacrificio di un’intera generazione, e, posso prometterlo, non verrà mai dimenticato”.